L’articolo di George Monbiot uscito sul “The Guardian” e ripreso da “Internazionale”, ci parla del deludente esito dell’ultima Conferenza Onu sullo Sviluppo Sostenibile.
Strangolato dalla speranza. Questo è il destino di chi ha provato a difendere gli ecosistemi della Terra. Ogni volta che i governi si riuniscono per discutere la crisi ambientale ci dicono che è il vertice dell’ultima spiaggia, l’incontro da cui dipende il futuro del mondo, e che dopo tanti fallimenti la luce della ragione illuminerà il pianeta.
Sono tutte balle, e lo sappiamo. Ma speriamo lo stesso, per poi assistere a 190 paesi che discutono per tutta la notte sull’uso del congiuntivo nel paragrafo 286. Sappiamo che alla fine del vertice il segretario generale dell’Onu spiegherà in moltissime lingue che le questioni ancora in sospeso (cioè tutte) saranno affrontate nel prossimo summit.
Il vertice Rio+20 è solo l’ombra dell’incontro vivace e ottimista di vent’anni fa. Nel 1991 i leader mondiali riuniti nella città brasiliana ci dissero che nel 2011 i problemi ambientali del pianeta sarebbero stati risolti. Invece abbiamo assistito a una sequela di incontri, che probabilmente continueranno finché i delegati saranno sommersi dalle acque. La biosfera che i leader mondiali promisero di proteggere nel 1992 è in condizioni molto peggiori di vent’anni fa. Non è il momento di dire che hanno clamorosamente fallito?
I summit e le banche falliscono per lo stesso motivo. I sistemi politici che dovrebbero rappresentare tutta la popolazione creano governi di milionari, finanziati e manovrati da miliardari.
Gli ultimi vent’anni sono stati un banchetto per ricchi. Su richiesta delle multinazionali e dei miliardari i governi hanno rimosso ogni legge di tutela dei più deboli.
Chiedere a questi governi di proteggere la biosfera e difendere i poveri è come chiedere a un leone di mangiare solo gazpacho.
La crisi ambientale non può essere affrontata dagli emissari dei miliardari. Va cambiato il sistema.
Quindi la lotta per proteggere la biosfera è uguale a quelle per la ridistribuzione, per la tutela dei diritti dei lavoratori, per lo stato sociale e per l’uguaglianza di fronte alla legge.
I grandi movimenti sociali del diciannovesimo e del ventesimo secolo però sono spariti, e hanno lasciato un vuoto. I pochi che ancora si ostinano a combattere i poteri arbitrari sono isolati.
Quando poche centinaia di persone si ribellano - come quelli di Occupy - il resto del paese non fa nulla, spera solo che quei pochi realizzino un cambiamento che in realtà avrebbe bisogno del contributo di milioni di persone.
Senza i movimenti di massa e senza il confronto necessario a rivitalizzare la democrazia, la politica perde valore. Eppure continuiamo a non mobilitarci. Forse perché siamo stati troppo spesso sedotti dalla speranza, che con il tempo è diventata il nostro cappio.
Fonte:
George Monbiot
The Guardian, Gran Bretagna
Pubblicato su
Internazionale N. 954
03 luglio 2012
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